Periodo dal 15 Settembre al 3 Ottobre 2015
Finalmente è arrivato il giorno in cui partire per uno dei viaggi più incredibili mai fatti: on the road in California, passando per l’Arizona e lo Utah. Abbiamo passato 19 giorni alla scoperta dell’Ovest Americano e percorso quasi 4.000 Km in auto.

Km percorsi: 3.700
Itinerario in breve
San Francisco, Alcatraz, Golden Gate Bridge, Yosemite National Park, El Capitain, Half Dome, Bridavail Fall, Glacier Point, Lone Pine, Mono Lake, Death Valley, Zabriskie Point, Artist PaletDante’s View, Las Vegas, Bryce Canyon, Page, Antelope Canyon, Horseshoe Bend, Monument Valley, Elephant Butte, Grand Canyon, Laughlin, Marina del Rey, Los Angeles, Disneyland.
1° Giorno: 15 Settembre: Bologna – San Francisco
Abbiamo il volo per Londra delle 8,15 da Bologna. Iniziamo subito con un problema in quanto il volo della British Airways è in ritardo e quindi perderemo sicuramente la coincidenza per San Francisco. Fortunatamente riescono a sistemarci in un altro volo e così giunti a Heathrow e dopo un po’ di trambusto, riusciamo finalmente a prendere il volo della Virgin Atlantic con destinazione San Francisco.
Dopo 11 ore di viaggio, tanti film visti e pasti in abbondanza, arriviamo all’Aeroporto di San Francisco verso sera (ci sono -11 ore di fuso orario tra Italia e USA). Dopo aver sbrigato le formalità di imbarco ci dirigiamo verso il terminal per il ritiro dell’’auto (un SUV Chevrolet con cambio automatico). Montato il fedele Tom-Tom con la mappa aggiornata degli USA (per controllare i limiti di velocità, visto che la polizia non perdona), ci dirigiamo verso la nostra meta nel centro di San Francisco: l’Hotel Da Vinci Villa, in Van Ness Avenue.
2° Giorno: 16 Settembre: San Francisco
Dopo una colazione (un po’ triste) iniziamo a conoscere la città. Ci dirigiamo subito verso il Pier 33; la vista della baia di San Francisco è impagabile. Nel mezzo del molo non si può non notare una gigantesca colonia di foche e leoni marini che da anni hanno scelto come loro casa il porto di San Francisco e che risultano essere delle vere e proprie star della città. Distesi al sole, uno sopra all’altro, assistere al loro dolce far nulla è uno spettacolo garantito.
Alcatraz (vista dalla baia di san Francisco) -Photo E. Genise
Il Pier 39 – e il Fisherman’s Wharf in generale – è un luogo gremito di turisti, anzi, oserei dire che è uno dei luoghi più turistici della città. Un luogo comunque iconico con i suoi negozietti e le catene come Bubba Gump (catena in franchising che prende il nome dal film Forrest Gump). Uno dei piatti imperdibili in questa zona è la Clam Chowder (zuppa di vongole con panna, patate e bacon presentate all’interno di una forma di pane scavata all’interno).
Dopo pranzo decidiamo di noleggiare le bici per andare a visitare il Golden Gate, facendo il lungomare, fino ad arrivare a Sausalito che offre una bella vista sulla baia e tornando poi al Pier 39 con il battello.

Dopo aver effettuato tutte le procedure per il noleggio delle bici: misurazione dei caschi, prova delle biciclette, visualizzazione del video informativo, pagamento del noleggio e del deposito partiamo in direzione Golden Gate. Per me e Federico noleggiamo la bici con “tag along”, il tubo posteriore sul quale è attaccata la bici da bambino, in modo tale da formare una sorta di tandem. Dal Pier 39 ci siamo diretti verso Ovest, percorrendo la pista ciclabile che costeggia la baia di San Francisco, inizialmente pianeggiante, poi a un certo punto la strada diventa ripida per raggiungere il punto più alto del parco del Fort Mason. Dopo la salita c’è sempre una discesa e questa è la motivazione che ci ha guidato nei momenti di fatica, per cui dopo il Fort Mason abbiamo preso velocità nello scendere fino al Marina Boulevard, un vialone con pista ciclabile che costeggia il mare della baia da una parte e dall’altra è un susseguirsi di casette meravigliose.Una volta percorso il Marina Boulevard si entra nella zona naturale di Crissy Field e la vista sul Golden Gate comincia ad essere spettacolare, nonostante inizi a piovere e faccia freddo.
Siamo arrivati all’ingresso della pista ciclabile/pedonale del Golden Gate Bridge con un po’ di fatica ma con molta emozione, un po’ come quando si scala una montagna. Ci soffermiamo a leggere il cartello informativo con le istruzioni ed il comportamento da tenere nell’attraversare il ponte e poi partiamo emozionati per il grande momento, con il vento forte sulla faccia, il rumore delle automobili che sfrecciano di fianco e il senso di “vertigini” nel ritrovarsi su uno dei ponti più maestosi del mondo.

Attraversare il Golden Gate Bridge in bicicletta è stata una delle cose più emozionanti fatte in vita mia e credo che resterà uno dei ricordi memorabili del nostro viaggio in California.Una volta arrivata dall’altra parte della baia si vede la strada incredibile appena percorsa.Il punto in cui ci siamo fermati dall’altra parte della baia, nel Marina County, è chiamato Vista Point. E’ da questo punto che poi inizia la discesa per l’ultimo tratto del nostro giro in bicicletta, che porta a Sausalito, percorrendo una strada abbastanza trafficata, nella quale la pista ciclabile è segnalata solo da una sottile striscia bianca e le macchine passano veramente vicino. Dopo un veloce giro, ci dirigiamo verso il battello che ci riporta al Pier 41 di San Francisco dove lasceremo le biciclette.
Prima di tornare in Albergo, decidiamo di visitare Lombard Street, la strada più tortuosa al mondo.
Lombard Street (Photo E. Genise)
Lombard Street (Photo Internet)
3° Giorno: 17 Settembre: Alcatraz
Oggi è il giorno di visita al carcere più famoso del mondo: Alcatraz. Soprannominato anche “The Rock”, il penitenziario di massima sicurezza si è guadagnata negli anni la fama della prigione da cui fosse impossibile evadere. La costa di San Francisco si trova infatti a 2 chilometri da Alcatraz, impossibile da raggiungere a nuoto a causa delle acque gelide e delle correnti fortissime. La prigione rimase aperta dal 1934 al 1963 ed ospitò alcuni dei criminali più efferati della storia degli Stati Uniti come Al Capone.
Prima di prendere il battello dal Pier 33 , una insegna recita una frase di Al Capone: “It look like Alcatraz has got me licked” (sembra che Alcatraz mi abbia battuto).
Modellino dell’Isola di Alcatraz (Molo Pier 33) Photo E.Genise
Dopo 29 anni di attività, a causa dei costi di gestione troppo alti (quasi tripli rispetto ad altre prigioni), fu costretta a chiudere i battenti il 21 marzo 1963. Nessun tribunale poteva condannare un criminale ad andare direttamente ad Alcatraz ma i detenuti venivano trasferiti qui da altre prigioni federali. Alcatraz infatti era considerata una prigione di livello superiore, una prigione dove mandare i detenuti più pericolosi, quelli che, secondo le autorità, avevano bisogno di una “rieducazione”. Una volta imbarcati sul traghetto e attraversata la baia, sbarchiamo sull’isola. Da qui la visita si svolge completamente in maniera autonoma. L’atmosfera del carcere rende bene l’idea di cosa dovevano provare i detenuti una volta giunti qui.
Isola di Alcatraz vista dalla Baia di san Francisco
Blocco celle – Photo E.Genise
Blocco celle – Photo E.Genise
Vista di San Francisco da una delle porte del carcere – Photo E.Genise
La fuga: Nel giugno del 1962 i prigionieri Frank Morris e John e Clarence Anglin furono in grado di fuggire dalle loro celle e di lasciare l’isola in tempi brevi. Dopo che furono entrati nella Baia di San Francisco non si seppe più nulla di loro.Si avvalsero di un condotto di 91 cm del blocco B delle celle che passava proprio dietro le loro celle per raggiungere l’uscita dalla prigione. Per accedere al condotto, i prigionieri dovettero meticolosamente rimuovere una ventola di aerazione utilizzando attrezzi improvvisati, come un cucchiaio da cucina saldato su un motore di un aspiratore rubato. Il progresso nel loro lavoro venne coperto da un finto muro il quale, nell’oscurità della cella, trasse in inganno le guardie.
Ricostruzione della cella con il manichino creato da Frank Morris (Photo E.Genise)
Quando finalmente furono in grado di passare attraverso il condotto, di notte in notte predisposero il necessario per la fuga. La loro assenza sarebbe stata notata dalle guardie che facevano delle ronde a ogni ora, e per questo i fuggitivi realizzarono delle finte teste di cartapesta per simulare la loro presenza nel letto, servendosi anche di ciocche di capelli rubate in barberia.
Foto dei fuggiaschi: Frank Morris, John e Clarence Anglin – Photo E.Genise
Per passare dal condotto, gli uomini rimossero la griglia, la ventola e poi il motore a essa annesso, rimontando poi la sola griglia di protezione, riuscendo a rimuovere i rivetti con del carburo di silicio rubato nel laboratorio della prigione, cancellando ogni traccia del loro passaggio. I fuggitivi, poi, dedicarono molte ore anche alla costruzione di un gommone improvvisato composto da cinquanta impermeabili, tutti rubati.
Attrezzi usati per la fuga – Photo E.Genise
Questi vennero portati nelle celle e nascosti alla vista delle guardie da fogli. Lunedì 11 giugno i tre fuggitivi posero le loro finte teste nei loro letti, entrarono nel condotto e lasciarono l’Isola di Alcatraz a bordo della loro zattera improvvisata verso un destino incerto (fonte Wikipedia). Lasciata l’Isola, la vista della baia di San Francisco che si può ammirare è stupenda. Complice anche la bella giornata di sole, vediamo molte barche a vela navigare all’interno della baia.
Baia di S. Francisco Photo – E. Genise
Dopo aver pranzato al Pier 39 dei buonissimi calamari fritti e salmone, ci dirigiamo verso Union Square. Prendiamo l’autobus dal Pier 45e arriviamo nel centro di san Francisco. Da ogni punto si gode una vista magnifica della baia.
4° Giorno: 18 Settembre: Yosemite National Park
Partiamo da San Francisco lasciando un sole splendido per dirigerci verso il Parco Yosemite. Impostiamo il Tom Tom, ma invece di prendere la strada esterna, ci fa tagliare per il centro di SF. Purtroppo il tomtom perde il segnale GPS per colpa dei grattacieli e pertanto per un attimo navighiamo “a vista” senza l’ausilio di mappe o punti di riferimento. Per fortuna vedo un cartello per il Bay Bridge. E’ un ponte a 5 corsie bianchissimo e molto lungo. Ad un tratto l’auto indica il segnale “liftgate open”. Alla fine ci colleghiamo ad internet e scopriamo che indicava il bagagliaio aperto.
Arriviamo nel parco Yosemite verso le 14. Davanti a noi si presente uno spettacolo della natura. L’ingresso è di 30$, ma decidiamo di non fare il pass in quanto il Ranger ce lo sconsiglia per soste brevi (come la nostra). Tutto il parco è dominato dalla montagna “El Capitan”, bellissima e divenuta famosa anche per via di Apple che ha chiamato così una versione del suo sistema operativo.
Visitiamo le Bridalveil Fall, una delle cascate più importanti della Yosemite Valley in California. La cascata è alta 188 metri e scorre tutto l’anno. In realtà noi la troviamo abbastanza asciutta, ma è bella lo stesso.
Yosemite National Park – Photo E. Genise
Durante la nostra visita incontriamo molti animali, cervi, cerbiatti e scoiattoli, una volpe ed un uccellino tutto azzurro che dobbiamo ancora capire come si chiama. Verso sera ci dirigiamo verso il nostro Lodge (Yosemite View Lodge) , poco fuori il parco. Da fuori non sembra nulla di speciale, ma aperta la porta della camera si scopre un’altra realtà. La camera è vista fiume, è spaziosa ed arredata con toni caldi.
5° Giorno: 18 Settembre: Lone Pine
Ci alziamo di buon ora, visto che oggi dobbiamo fare molta strada. Dobbiamo arrivare fino a Lone Pine, tappa precedente alla Death Valley, sempre in California. Ci danno il buongiorno un pavone e due scoiattoli che si trovavano vicino il fiume. Li vediamo saltellare dalla nostra terrazza. Facciamo colazione in camera dove riusciamo a farci anche un caffè e poi pane e nutella e via…si parte.Rientriamo nel Parco Yosemite utilizzando lo stesso biglietto di ingresso che vale 7 giorni e ci dirigiamo verso Tioga Road.
Il paesaggio è incantevole; con il senno di poi saremmo dovuti fermarci qualche altro giorno. Laghi e fiumi che si alternano, il tutto circondato da maestose montagne. Ci fermiamo a visitare il Tenaya Lake. Il lago, la cui bellezza era decantata dai Nativi Americani, si è formato per azione di un ramo del ghiacciaio Tuolumne durante il suo passaggio attraverso il Tenaya Canyon e si trova a 2.484 metri di altitudine. Il nome del lago deriva da Chief Tenaya, che incontrò il battaglione Mariposas nei pressi del lago.


Ci piacerebbe visitare anche altri laghi come il Mammot Lake, ma il tomtom, forse anche lui stanco per le molte miglia percorse, ci fa sbagliare strada. Decidiamo pertanto di proseguire verso il nostro Hotel a Lone Pine.
La strada che percorriamo (395) è circondata da montagne. Attorno a noi alcuni cartelli indicano il rischio di incendio ed infatti la temperatura esterna indica 93 F (circa 34 gradi Celsius). Si sente che ci stiamo avvicinando alla Death Valley. Lungo la strada incontriamo Bishop e Indipendence, dei paesi che si sviluppano sulla strada principale dove si vedono solo Motel.
Anche Lone Pine non è da meno. Ci fermiamo per prendere un gelato prima di andare al Motel che avevamo prenotato. Dopo il gelato decidiamo di sederci sulla panchina ad ammirare il paesaggio non molto interessante a dire il vero. Si vedono passare solo TIR mastodontici.
Arriviamo finalmente nel Motel, tipico Americano con le Auto parcheggiate di fronte. La cosa positiva è che la colazione inizia alle 5 del mattino; cosa interessante in quanto il giorno dopo dovremo affrontare la Death Valley e pertanto è necessario partire molto presto per via del caldo.
6° Giorno: 19 Settembre: Death Valley
Oggi la sveglia suona molto presto (alle 5.00) in quanto la Death Valley con il caldo non perdona (in Agosto le temperature possono arrivare fino ai 46°). Facciamo colazione in Hotel e già da questo capiamo che Lone Pine è un posto di passaggio in quanto la sala Breakfast è già aperta a quest’ora. Fuori fa un freddo cane, ma sappiamo che ben presto la situazione cambierà radicalmente, come spesso accade nelle zone desertiche. Partiamo con il serbatoio pieno di carburante in quanto abbiamo letto in varie guide che non ci sono distributori di benzina (o meglio: qualcuno c’è, ma sono pochi e non è detto che siano aperti,). Inoltre ci siamo muniti di un piccolo frigo da viaggio, in polistirolo, riempito di ghiaccio con acqua e cibo per tenere il tutto in fresco viste le alte temperature). La distanza dal nostro hotel a Furnace Creeck, uno dei punti più bassi e centrali della Death Valley, è di circa 1 h e 55 min. Le prime luci dell’alba rendono il paesaggio davvero molto bello. Percorriamo 2 ore di auto senza incontrare anima viva. Il pensiero costante è quello che in caso di emergenza, nessuno viene a soccorrerti.
Abbiamo percorso la 190, che attraversa questo deserto unico nel suo genere, passando per Panamint Springs e continuando verso Stovepipe Wells.
La Death Valley, in italiano Valle della Morte, è situata per gran parte nello stato della California e, nella restante, in quello del Nevada. La Death Valley è una depressione del Grande Bacino che si estende per 225 km in lunghezza e per 40 km in larghezza.
Zabriskie Point
Uno dei punti più iconici della Death Valley con il suo paesaggio lunare. Lo scenario di Zabriskie Point ha ispirato molti scrittori, artisti registi e musicisti. L’esempio più lampante è il discusso lungometraggio di Michelangelo Antonioni intitolato appunto Zabriskie Point, film che racconta la vicenda della fugace storia d’amore tra Mark e Daria, nella cornice dei moti rivoluzionari studenteschi nella California degli anni Settanta. La colonna sonora include anche alcuni brani dei Pink Floyd. Infine, una foto di Zabriskie Point è stata usata come copertina dell’album The Joshua Tree degli U2.
Badwater Basin
Il punto più basso di questa depressione è sprofondato di 86 metri sotto il livello del mare, nel punto che viene chiamato Badwater Basin che è poi il punto più basso dell’intero Nord America. Dando le spalle alla distesa di sale, che qui si può percorrere a piedi, c’è una montagna, oltre la strada. Sopra c’è un cartello che indica il livello del mare, in questo modo ci si rende conto visivamente di quanto si è in basso rispetto il livello del mare.
Ciò che si vede durante una visita alla Death Valley è quindi, in altre parole, un susseguirsi di rocce, deserto, montagne brulle arse dal sole, canyons e depositi di sale solidificati, ma non lasciatevi ingannare: è tutto assolutamente suggestivo e immenso.
Artist’s Palette
Mentre percorriamo la Badwater Road, è d’obbligo una deviazione sulla strada di Artist’s Drive per ammirare i colori pastello delle formazioni rocciose: tante tonalità dal rosso al blu!
Dantes’s View
Dante’s View è un po’ l’osservatorio della Death Valley, un punto di vista privilegiato per avere una bella panoramica dall’alto sul parco. Da qui si può vedere tutta la vallata e le Pannamint Mountains, non perdetevi questo panorama!Da quando si devia sulla 190 ci vogliono circa 25 minuti d’auto: si parcheggia vicino al punto di osservazione. Fa talmente caldo che alcuni tratti siamo costretti a spegnere l’aria condizionata per evitare che il motore si surriscaldi troppo.
Alla fine di questo magnifico trip, è ora la volta di dirigerci verso Las Vegas.
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